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In questo volume Alfredo Jaar incontra Lorenzo Fusi. Sul terreno accidentato e segnato della Storia e della sua attuale accelerata rappresentazione, si tende da subito un filo generativo e virtuoso tra i due, perché il critico conosce davvero l'artista, non solo attraverso le opere; emerge, dunque, il racconto vivo di un'esperienza vagliata oltre le gallerie, le mostre, i media. Questo è un libro poetico. Partiamo allora da Rilke che nel saggio su Rodin affrontava il rapporto mondo-artista. Al contrario del poeta che assumeva questo compito di mettersi all'ascolto del mondo come un rifiuto a s'engager perché "o il mondo si ascolta o lo si modifica", Fusi ci dice che per Jaar la scelta non è mai così esclusiva e apodittica e ci indica come il continuo voler ritrovare un baricentro sul filo della Storia, o magari "organizzare il pessimismo", come diceva Benjamin, è uno degli elementi di maggior interesse, estetico e morale, del suo operare.